Una scuola in Africa nel nome di Don Mino

Il 9 novembre è stata inaugurata a Wajir, in una delle zone più povere e martoriate del Kenia, una scuola secondaria intitolata a Don Mino Flamigni, il nostro fondatore e primo presidente di cui fra poco ricorrerà il secondo anniversario della scomparsa. Vicino alla scuola sono stati inoltre scavati due pozzi per l’approvvigionamento idrico, altro cronico problema che affligge la zona.
Cosa ha spinto una Cooperativa di comunità come la Paolo Babini a portare il proprio aiuto fin sulla linea dell’equatore, a più di 5.000 km di distanza?
Il primo motivo è che Don Mino voleva essere accanto ai poveri dovunque fossero.
Quella striscia di terra al confine con la Somalia, tornata purtroppo alla ribalta della cronaca col rapimento della giovane volontaria Silvia Romano, è stata per anni una terra senza pace.
E’ la terra di Annalena Tonelli e della sua operosità silenziosa a favore degli ultimi e dei dimenticati.
Don Mino ammirava l’impegno e la forza di Annalena, e per rispettare uno dei suoi desideri la Paolo Babini ha deciso di dare il proprio contributo per  per migliorare la vita di queste persone attraverso istruzione e acqua, due beni primari necessari a qualsiasi comunità.
Il secondo motivo è che, nell’ottica dell’ecologia integrale di cui parla Papa Francesco nella enciclica Laudato si’, le vicende umane sono connesse fra loro proprio come l’ambiente, e prenderci cura anche di  chi è così lontano ha il senso di nutrire una “umanità collettiva” che a conti fatti rappresenta la nostra casa comune.
Siamo andati di persona ad assistere all’inaugurazione della scuola insieme al Vescovo Mons. Livio Corazza della Diocesi di Forlì Bertinoro e ai rappresentanti dell’Associazione Paolo Babini, della Parrocchia di San Paolo, di Volontaria Onlus, e del Comitato per la Lotta contro la Fame nel Mondo.
E’ stato un viaggio incredibile, alla scoperta di persone che sognano un futuro migliore per i loro figli e vogliono farlo partendo prima di tutto dai punti fermi come l’educazione, l’inclusione, il lavoro, il sostegno agli anziani, l’attenzione verso i più fragili.
A Wajir, a 5500 km di distanza da qui, in un contesto socioculturale che non potrebbe essere più diverso dal nostro, ci si impegna sulle stesse cose su cui si impegna la nostra Cooperativa per contribuire a costruire una società più giusta. Probabilmente queste sono davvero le cose importanti da salvare sempre, quelle che rimangono dopo che abbiamo spogliato del superfluo la nostra umanità.

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