Un luogo da chiamare casa

La Coop.va e l’Associazione Paolo Babini insieme alla Parrocchia di San Paolo hanno cercato di dare una risposta rapida in accordo con la Prefettura ai bisogni dei profughi in fuga dalla guerra in Ucraina, aprendo le porte della casa di Via Cerchia, ex Comunità Educativa San Giuseppe, creando un luogo di accoglienza per i profughi, la “Casa della Pace”. Attualmente la casa ha 18 ospiti, 6 nuclei familiari composti complessivamente da 9 adulti e 9 bambini. Dalla sua apertura sono state accolte 31 persone.

Sara, coordinatrice della Casa della Pace, ci racconta che di giorno i bimbi e i ragazzi vanno a scuola, chi in presenza e chi on line in lingua ucraina. Le mamme o le nonne si occupano dei bambini e della casa, degli spazi propri ma anche di quelli comuni; poi c'è chi ha piccole passioni (c’è chi scrive, chi fa piccoli oggetti di riciclo, chi lavora a maglia) e chi aiuta amici e parenti in fuga con consigli e assistenza.

I bimbi lentamente hanno ritrovato la voglia di giocare e col bel tempo si trovano in cortile tutti insieme. Ma la richiesta che tutti fanno con insistenza è di poter trovare un lavoro, pensiero che si alterna alla paura e al timore costante per la sorte dei cari rimasti in Ucraina.

Con l'aiuto di Yulia, la mediatrice culturale, si fanno colloqui continui per aiutarli a vivere questo tempo così assurdo e crudele che acquista in parte senso quando arrivando in quel luogo sconosciuto in via Cerchia si riesce a sentire un po' la sicurezza di casa.

Olena, ospite della Casa della Pace, ci ha raccontato la sua esperienza
"Quando è nato mio figlio ed i dottori gli hanno diagnosticato un’invalidità grave ho imparato ad accettare questa situazione con umiltà: tutti i giorni da tanti anni io accetto la sua malattia sperando sempre in un futuro migliore. Quando improvvisamente mio marito è morto di covid ed io sono rimasta da sola ho imparato ad essere forte ed indipendente.

Quando nel mio paese è scoppiata la guerra, passando le notti nel sotterraneo con il rumore delle sirene ho imparato ad essere coraggiosa e ad avere la capacità di combattere la disperazione…. o almeno così ho pensato finché una sera, quando al rumore delle sirene mio figlio per la paura e l’impotenza si è nascosto sotto le coperte: ho capito che non sarei riuscita a sopportare a lungo tutto questo, temevo di crollare. La soluzione poteva essere solo quella di scappare. In viaggio verso Italia ho imparato ad essere determinata e paziente. Queste sono state le difficili lezioni della mia vita.

Ma l’incontro con le persone della Paolo Babini è stato un punto di svolta. Loro hanno regalato a me attenzione e cura, mi hanno dato protezione. Qui, nella Casa della Pace, mio figlio che prima aveva una terribile paura di qualsiasi rumore improvviso e paura al passaggio degli aerei ha ricominciato a sorridere. E proprio qui la mia anima è guarita. C’è una piccola donna italiana di nome Sara che con il suo dolce sorriso e sincera volontà è sempre pronta ad aiutarmi. Lei mi aiuta ad organizzare tutte le visite mediche per mio figlio, si occupa dei documenti, si prende cura di noi. La sento molto vicina, come se fosse è diventata mia parente. Ringrazio tantissimo tutte le persone che ci aiutano, grazie per la vostra sensibilità. Grazie a Dio per questo lungo e difficile viaggio verso l’Italia, verso Forlì, verso questo luogo dove vivono e lavorano persone meravigliose".

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