Aprire le porte a un maggiorenne

Di solito ci spaventa dover raccontare di noi: il rischio di essere fraintesi è alto. Questa volta abbiamo però accettato perché vorremmo sensibilizzare su un bisogno sempre più presente nella nostra società, ossia quello di accogliere e accompagnare verso l’autonomia ragazzi/e appena maggiorenni.

L’idea di una famiglia con le porte aperte è sempre stato un nostro desiderio, ma la vita ci ha poi accompagnato a comprendere il modo in cui questo desiderio si sarebbe concretizzato.

Abbiamo iniziato con l’essere famiglia di appoggio di un bambino con gravi disabilità: a quel tempo la nostra situazione familiare non ci consentiva di dare più di quella disponibilità, che però è stata per noi intensa e piena di occasioni di crescita.

Nel 2018 ci siamo trasferiti in un appartamento che disponeva al piano terra di un piccolo monolocale, fatto costruire dall’ex-proprietario per la figlia. Ci siamo presto accorti che, stringendoci un pochino, quello poteva diventare uno spazio di accoglienza. L’abbiamo quindi messo a disposizione dei servizi sociali senza pensare a una precisa tipologia di accoglienza (un ragazzo straniero? Una mamma? Uno studente?) e con nostra sorpresa ci hanno proposto una ragazza di diciannove anni che aveva necessità di essere accompagnata ancora per un piccolo tratto verso la conquista della piena autonomia. Ci si è aperto un orizzonte nuovo e inaspettato. Il nostro è stato un sì incosciente, un salto nel vuoto, senza riferimenti e con una strada tutta da inventare. La presenza dei nostri figli ha facilitato l’introduzione di questa ragazza nella nostra vita famigliare e al contempo è stata per loro motivo di entusiasmo e ricchezza. A noi questa accoglienza ha richiesto di metterci in discussione, di metterci in ascolto di nuove esigenze, di entrare in punta di piedi nella sensibilità e nella storia di un’altra persona e di esporci al rischio di essere feriti e fraintesi. Queste cose sono di sicuro presenti in tutte le accoglienze, ci sono però aspetti più specifici che riguardano in particolare il relazionarsi con una maggiorenne come ad esempio il fatto di doversi rapportare in modo talvolta materno o paterno ma senza farsi genitori, o il fatto di accettare di non poter avere il controllo e di dover costruire ogni giorno, assieme all’altro, un patto di convivenza, delle regole e dei percorsi di crescita, adattandoli e modificandoli al suo passo e ai suoi bisogni. Accogliere un maggiorenne significa dialogare di continuo, consapevole che, almeno in apparenza, le tue parole cadranno nel vuoto, ma soprattutto significa ascoltare e accettare il loro bisogno di provare, tentare, cadere e aver qualcuno pronto a dar loro una mano per rialzarsi. È un gioco di equilibri tra libertà e bisogno di essere contenuti, tra autonomia e sostegno, tra sollecitazioni e conferme, tra i no, i sì e le tante vie di incontro nel mezzo. Ma significa anche ritrovarsi la casa aperta ai suoi amici, parenti e casomai anche a quel gatto di cui tu non avevi proprio pensato di doverti occupare. Infine accogliere una maggiorenne significa avere ben chiaro che da soli non ce la si fa, che è necessaria una rete di relazioni, collegate fra loro, che permettano al ragazzo di crescere al sicuro e trovare, ad ogni scappatoia, un volto amico.

Non sappiamo che effetto possano fare queste parole, se spaventano o creano curiosità e desiderio, perciò, per stare dalla parte del sicuro, aggiungo che sebbene il cammino non sia semplice è però avvincente! Infatti, concluso il primo progetto di accoglienza, durato due anni, sono passati pochi mesi prima che ne iniziassimo un secondo, con una ragazza di diciotto anni: una nuova avventura, con nuove sfide e una bellezza tutta da scoprire!

Sara e Andrea

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